Opinioni – Scienze della Comunicazione: Seconda parte

Nel primo articolo relativo a questo corso di studi ho affrontato la questione da un punto di vista “morale”, cercando di capire i motivi che spingono molte persone a denigrare i corsi di studi in Scienze della Comunicazione, e quelle che invece dovrebbero essere le motivazioni alla base di una scelta così importante.

È ovvio che, oltre a queste ragioni, ce ne sono altre ben più pratiche, che dovrebbero portare ad apprezzare questo corso di studi:

La prima ragione è che -in linea di massima- è un corso moderno, a mio avviso al passo con i tempi. Un corso cioè che non si sofferma su quello che è stato, ma su quello che sarà, preparando gli studenti alle novità con le quali si andranno a relazionare una volta entrati nel mercato del lavoro.

La seconda ragione è che non è un tipo di Università fatta esclusivamente di libri e codici, ma si dà molto valore alla parte pratica: i ragazzi si trovano spesso a “scendere in strada” per scoprire ed analizzare la realtà che li circonda, fatta di persone, di istituzioni e di aziende; ovviamente in base alla tipologia di indirizzo scelto le attività potranno essere solitamente di stampo giornalistico, oppure di stampo pubblicitario, così come i laboratori o i corsi a scelta offerti dalle varie Facoltà.

Per quello che riguarda il mercato del lavoro, è chiaro a tutti che siamo in un contesto storico difficile, che non lascia molto spazio ai sogni e che a volte sembra un muro insormontabile. È altrettanto vero però, che la tecnologia e gli strumenti della modernità che ci accompagnano durante la vita di tutti i giorni, ci offrono delle opportunità del tutto nuove, sconosciute fino a poco tempo fa e stanno facendo nascere figure lavorative completamente nuove, oltre a rinnovare alcune professioni. Questi strumenti (internet, social media, mobile, ecc.) stanno diventando fondamentali in ogni settore: dalla testata giornalistica, alla tv, alla politica, fino alla piccola impresa. Sta a noi prendere in mano il progresso per farne qualcosa di utile ed importante.

Stando ai numeri, il fatto che un laureato in SdC trovi meno lavoro degli altri, è puramente un pregiudizio; “I dati infatti non dicono che il mercato del lavoro non assorba laureati in Scienze della comunicazione. Dicono altro. Secondo il consorzio interuniversitario Almalaurea, sostenuto dallo stesso Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Scientifica, consorzio che oggi elabora e rende disponibili sul web dati che riguardano il 78% dei laureati italiani, nel 2010 i laureati triennali in Scienze della comunicazione, a un anno dalla laurea, non lavoravano meno degli altri, anzi: il 46,5% di loro lavorava, a fronte del 46% dei laureati triennali di tutti i tipi di corsi, e di un 41,8% di laureati triennali usciti dalle facoltà di Lettere e filosofia, a cui in molti atenei appartiene Scienze della comunicazione. Il che vuol dire che nel 2010, in piena crisi economica, i neolaureati in comunicazione lavoravano un po’ più degli altri (uno 0,5% in più) e ben più dei loro colleghi umanisti (4,2 punti percentuali in più).” (fonte: linkiesta.it)

È invece purtroppo realtà, il fatto che ancora non si tende a valorizzare (e per valorizzare intendo buoni stipendi e buona carriera) al meglio la figura del comunicatore, quando in realtà, l’Italia avrebbe un gran bisogno di buoni comunicatori.

Smettiamola quindi con i pregiudizi, inziamo a dare il giusto valore all’informazione e alla comunicazione. Il primo passo, quello più importante, va fatto però da Rettori, Professori e tutti quelli che direttamente o indirettamente operano nelle facoltà di Scienze della Comunicazione: è necessario lanciare messaggi positivi e far capire l’importanza di una comunicazione ben fatta in ogni settore.

Combattiamo l’ignoranza! Crediamoci… e non sarà troppo tardi.