La post-produzione in fotografia: dalla camera oscura alla camera chiara

Negli ultimi tempi, molto spesso si affianca alla parola fotografia, un’altra parola: Photoshop, solitamente declinata nei modi più disparati: Photoshoppare, Photoshoppata, e chi più ne ha, più ne metta. Come al solito, anche quando si sta affrontando l’argomento in maniera seria, si tende a banalizzare questa fase della produzione fotografica, e a volte capita di sentir denigrare questi strumenti, senza rendersi conto che sono utilizzati da tutti i fotografi professionisti del mondo.

“Ma che foto è se la ritocchi con Photoshop?” è probabilmente la frase che tutti i fotografi più o meno bravi e più o meno famosi si saranno sentiti ripetere da qualche sapientone almeno un centinaio di volte. Cerchiamo di capire per quale motivo (almeno i non addetti ai lavori) tendono a non considerare in maniera adeguata questa fase del processo creativo che porta alla realizzazione di un’immagine carica di emozione e significato.

Una delle ragioni può essere l’ignoranza, nel senso letterale del termine: ignorando cosa siano gli strumenti di post-produzione (Photoshop o similari), si tende a semplificare la questione con ragionamenti del tipo “La fotografia è solo quella che esce dalla fotocamera senza essere modificata”. Sbagliato. Chi almeno una volta ha preso in mano una fotocamera moderna, si sarà trovato a scegliere tra varie funzioni di scatto: Ritratto, interni, notte, tramonto, paesaggio, ecc. Se la foto scattata è soddisfacente, non significa che non c’è stata post-produzione, ma significa che la post-produzione è stata affidata ad un automatismo presente nella fotocamera, che ha modificato la foto basandosi su complessi algoritmi interni.

La seconda ragione è in qualche modo collegata alla prima: chi non è abituato ad utilizzare professionalmente gli strumenti fotografici, è abituato a scattare in formato jpeg, non tenendo in considerazione il formato raw, presente sulle fotocamere di una categoria leggermente superiore a quelle “consumer”.
Cosa significa questo? Significa che “Un file raw è un file grezzo che non ha subito nessuna elaborazione da parte della macchina: contiene tutti i dati che il sensore è stato in grado di registrare senza alcuna alterazione. E’ quindi privo di qualsiasi regolazione di bilanciamento del bianco, tonalità, luminosità, contrasto e saturazione. Un file jpeg, al contrario è ciò che deriva dalla compressione e postproduzione del file raw da parte del firmware della macchina fotografica. Tantissime informazioni vengono cancellate (si passa da 14 a 8 bit) e vengono inoltre applicate tutte le regolazioni che è possibile impostare in macchina che ho elencato sopra.” (Fonte: Giovanna Griffo)

Un’altra ragione può essere legata all’idea che non ci siano varie tipologie di fotografia. Anche in questo caso niente di più sbagliato. Fare una distinzione tra i generi di fotografia è necessario al fine di capire in che modo vengono utilizzati gli strumenti dai fotografi.
Se stiamo parlando di fotografia di reportage o giornalistica, dove l’unica cosa che conta è far avere lo scatto alla redazione in tempo reale, allora è vero che la post-produzione non è una fase fondamentale: l’importante è avere uno scatto soddisfacente ai fini del lavoro che si sta realizzando.
Se invece si sta parlando di un processo fotografico più creativo, allora non utilizzare la post-produzione significa mutilare la propria creatività, privandosi di uno strumento che ci permette di riprodurre fedelmente l’immagine che avevamo nella nostra mente ancora prima di scattarla. “Questa parte ovviamente potrà prendere strade diverse a seconda delle esigenze comunicative del fotografo: potrà essere post-produzione correttiva volta alla documentazione il più possibile fedele e realistica, oppure potrà essere post-produzione creativa ed interpretativa (anche questo a differenti livelli di complessità, fino a sfociare nella commistione fra fotografia, grafica avanzata e tecniche 3D). Ricordiamoci che lo scopo della fotografia è comunicare. Per raggiungere questo scopo ogni mezzo è lecito, non esistono paletti i vincoli, l’unico limite è la creatività e le capacità tecniche del fotografo.” (Fonte: Giovanna Griffo)

In conclusione possiamo quindi considerare la post-produzione con il computer come la fase di sviluppo che è andata a sostituire lo sviluppo in camera oscura (anche quella era post-produzione). Ora si è passati alla camera chiara; sono cambiate solamente le competenze e gli strumenti, ma l’approccio è sempre lo stesso e l’obiettivo finale è sempre quello, da secoli: emozionare!

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